Indice degli Esperti
Chi ha avviato o ha provato ad avviare un proprio business lo sa bene: puoi prepararti quanto vuoi, ma la strada per creare e far crescere la propria azienda è tutt’altro che priva di problemi. Non basta quindi avere una fantastica idea ed essere motivati nel realizzarla. Occorre mettersi continuamente in gioco e affrontare imprevisti per cui spesso non ci si sente pronti.
Grazie al digitale, avviare il proprio progetto è diventato molto più semplice e quelli che sono i principali dubbi sulle metodologie da utilizzare e gli strumenti tecnici sono (o almeno sembrano essere) stati risolti. Questo però non incide più di tanto sulla probabilità favorevole che le idee si trasformano effettivamente in realtà.
Pensandoci bene, forse non sono tanto le informazioni o gli strumenti a fare la differenza, ma l’elemento essenziale di ogni attività d’impresa: le persone. E in questo caso non parlo di persone in senso generale, ma di una nello specifico: tu.
Siamo forse sbagliati noi che vogliamo ma troviamo difficoltà a creare e far crescere un nostro business? Forse si. Ma solo nel momento in cui crediamo di non doverci mettere in discussione, personalmente e professionalmente. Per questo ho chiesto direttamente e indirettamente tramite le interviste realizzate nel corso del tempo, il parere ad un gruppo di esperti ed esperte.
In particolare, l’argomento affrontato con loro è stato:
È possibile crescere personalmente e professionalmente facendo business?
Qui di seguito trovi le loro risposte. Buona lettura!
Matteo Aliotta
CEO & Head of Growth di LTV – matteoaliotta.com / lventuregroup.com / www.linkedin.com/in/matteo-aliotta
Ascolta la puntata completa: Lavorare per il business, Qualità umana e Conoscere i propri limiti con Matteo Aliotta
Io vedo proprio questa cosa, che abbiamo visto tante volte anche internamente al mondo del venture capital. L’azienda, nelle fasi differenti della sua crescita, diventa uno sport diverso, ma veramente diverso.
Ti faccio una metafora terra terra. Tu parti essendo forte a calcio, il che vuol dire avviare un’azienda da zero o magari portarla a 1 milione, 2 milioni, 3 milioni. A un certo punto lo sport cambia completamente, per cui il calcio diventa golf, pallavolo, un’altra roba proprio. Tu è vero che sei forte a palleggiare, ma dopo la palla si prende con le mani ed è tutta un’altra roba. Cambiano le regole e gli imprenditori che riescono a essere forti in tutte le discipline, una specie di pentatleta a un certo punto, sono pochissimi. Solo una percentuale microscopica ci riesce.
Tant’è che molti con umiltà, ad esempio io con grandissima umiltà se la mia azienda dovesse arrivare a tot milioni, penso che mi farei da parte di lì in poi. L’ho visto perché ho collaborato e collaboro al growth di aziende che fatturano milioni e qualcuna pure miliardi, con manager o persone di questo tipo, e credo che una roba con quelle dinamiche per me siano aliene. Per cui se la mia azienda, lo spero, arriverà a fatturare decine di milioni, mi farò da parte oppure proverò a imparare quella roba lì.
Le start up in cui vediamo questo, dove ci sono dei founder che hanno la capacità di imparare e di passare da uno sport all’altro sono poche. Altri non ce la fanno e lo capisco perché è molto difficile.
Novella Rosania
Consulente di marketing strategico per l’innovazione digitale, International MBA Candidate, TEDx speaker – www.linkedin.com/in/novellarosania
Ascolta la puntata completa: Return on Happiness, Mentalità del pellegrino, Scardinare pregiudizi e Lasciare il segno con Novella Rosania
Devo raccontare una piccola storia, una piccola storia molto personale, che però mi sento di condividere perché è uno di quei presupposti che certe volte ti cambiano la vita. La vita ti mette davanti a bivi, bivi anche particolarmente articolati, duri, difficili. Però, se messi a leva, ti insegnano tantissimo.
Che cosa è successo qualche tempo fa? Io sono una vittima di violenza psicologica, ho avuto una brutta storia che mi ha tanto, tanto segnato e dei quali tutt’oggi porto dei lividi. La violenza psicologica non lascia lividi visibili, lascia lividi invisibili e quindi è anche per questo che è particolarmente difficile riconoscerla, e riconoscerla è quasi come ammetterla a se stessi e farla riconoscere ad altri che possano aiutarti a uscire da questo vortice. Questa esperienza nella mia vita mi ha sicuramente fatto soffrire tanto.
È arrivata in un momento della mia vita in cui l’ago di quella bilancia di cui ti parlavo fra vita personale e vita professionale era molto, molto sbilanciato verso la vita professionale. Ero una di quelle persone workaholic che lavoravano 12 ore al giorno e che quando chiudeva la porta dell’ufficio diceva: “Adesso chi sono, se non sono la persona che è dentro un ufficio e fa questa cosa per così tanto tempo?”. Il weekend per me era il momento più brutto perché era il momento in cui le mie coordinate scomparivano. E in tutto questo vortice di cose non sane e tossiche si è collocata questa esperienza nella mia vita, esperienza che sicuramente mi ha insegnato tanto.
Ritorno alla tua domanda, il tema dell’etica, dei valori, della spiritualità. Io l’ho trovata camminando.
Ad ottobre, sono partita per il Cammino di Santiago e ho fatto 800 chilometri a piedi, per la precisione 789 chilometri (sono fondamentali per i pellegrini) da Saint Jean Pied de Port, dai Pirenei francesi, spaccando la Spagna e arrivando a Santiago de Compostela. Il cammino di Santiago per me è stato un percorso curativo, un percorso terapeutico, assieme ovviamente a un percorso terapeutico reale che ho fatto per diventare consapevole di quello che mi stava accadendo. E il cammino non ha fatto nient’altro che darmi tantissime occasioni per ricredermi sul male del mondo. La parte spirituale è stata esattamente questa.
Ci sono tre modi, tre fasi per vivere il cammino. 800 chilometri sono tanti, sono circa 25/30 chilometri al giorno, quindi 30 giorni di cammino, 30 giorni con otto dieci chili sulle spalle tutto il giorno. Ogni giorno hai una casa diversa perché ogni giorno dormi in un ostello diverso. La tua famiglia cambia, la tua famiglia diventano i pellegrini, diventa tutto ciò che è essenziale per l’essere umano. E essenziale nel pellegrinaggio fondamentalmente sono tre cose.
Camminare, dove camminare significa relazionarsi con l’altro, dormire e mangiare. Queste sono le tre cose fondamentali che sono veramente essenziali nella vita. E questa consapevolezza qui ha fatto completamente cambiare il mio modo di vedermi nel mondo e quindi vedere anche la mia attività nel mondo.
L’impresa in questo caso può essere essenziale, può essere etica, può essere incentivante rispetto alle cose che sono veramente importanti. Camminare mi ha insegnato a riappropriarmi di quelli che sono i valori essenziali della vita. L’amicizia ad esempio. Legami così forti, così indissolubili, così umani e così rapidi come scintille che sono quelli che si creano tra pellegrini hanno veramente dell’eccezionale.
Come ho detto nella mia vita reale lo declino esattamente come dicevo prima, cerco di fare un bilancio positivo e tornando all’essenziale, cioè facendo capire ai miei clienti e ai miei colleghi che certe volte la banalità delle cose che noi affrontiamo qui nella nostra vita, non sono essenziali e trovando un equilibrio focalizzandoci su quelle che sono effettivamente una connessione interiore. Più connessione, meno vetrine con brand inutili.
Detto da me di marketing non è granché, però anche i brand secondo me possono fare tanto in questo senso. Se è la cornice etica e spirituale, allora le cose possono funzionare.
Questa lezione qui è quella più importante perché ci permette di ricominciare a donare, a donare all’altro tutto ciò che hai imparato, anche banalmente le lezioni che la vita ti ha dato e questo è quello che fa l’impresa alla fine no?
L’impresa si colloca in un contesto economico, rendendolo sostenibile e magari con un ritorno in felicità. In felicità per il territorio o per le famiglie che quelle persone possono permettersi di costruire grazie a te.
Giulio Gaudiano
Life Hacker, Angel Investor e conduttore del podcast Strategia Digitale – strategiadigitale.info
Ascolta la puntata completa: Digitale, Spiritualità e Umiltà con Giulio Gaudiano
Essere un buon imprenditore ed essere una cattiva persona è assolutamente impossibile. È una cosa che non si può fare, non può essere. Magari qualcuno cadrà dalla sedia ascoltando questo perché dirà: “no, io conosco un sacco di brutte persone che fanno un sacco di soldi con la loro azienda”. Ma fare un sacco di soldi non è essere imprenditore perché pure il rapinatore fa un sacco di soldi però non è un imprenditore.
Essere imprenditore, intraprendere delle azioni che coinvolgono anche degli altri soggetti costruendo dei business, lo puoi fare in maniera sana solamente lavorando anche su te stesso, diventando una persona migliore.
Che voglio dire con diventare una persona migliore? Che cosa significa? Prima di tutto metterci in una condizione di umiltà, cioè di conoscere noi stessi e capire che quello che abbiamo nella nostra testolina, tra le due orecchie, non è l’universo. È un punto di vista sull’universo, ma è uno.
E gli altri? Quelli delle persone che stanno intorno a me, sono altrettanto validi quanto il mio. Quindi non ritenersi migliori degli altri. Non mettersi la casacca da capo dicendosi: “qua sono io l’imprenditore al comando e voi fate quello che dico io, perché io so tutto e voi non sapete niente”.
Occorre entrare in uno stato in cui ti rendi conto che comunque c’è un bene maggiore da servire e questo bene maggiore richiede di essere servito da te e da tutte le persone che fanno parte della tua azienda. Ognuno, come nel corpo, al suo posto. Non è che la mano può dire di voler essere l’occhio o il piede e di essere l’orecchio. Ognuno fa quello che gli viene meglio e che è chiamato a fare anche potendo a volte crescere e scambiarsi i ruoli.
Pensiamo a come in un’azienda ogni figura, ad esempio in un’ azienda editoriale, dall’editore fino all’ultimo stampatore che mette l’inchiostro dentro la rotativa, tutti hanno pari dignità e tutti sono compartecipi del successo dell’azienda.
Io credo che sia molto importante lavorare su se stessi per metterci in questa condizione. Richiede tanto sforzo perché più hai posizioni o più fai lavori che richiedono la creatività o la capacità di prendere delle decisioni anche per gli altri, più è forte la tentazione della superbia, la tentazione di dire: “alla fine il successo è il tuo”, “È Mark Zuckerberg che porta avanti Facebook”, “Il successo è tuo se l’azienda fai soldi” oppure “questa è la tua azienda”.
Il tema è lavorare su se stessi. Vuol dire anche creare una propria routine, un’igiene di vita con uno spazio dedicato all’interiorità, alla spiritualità, alimentando il nostro corpo anche con cibi sani, con abitudini salutari. Perché se cominci per esempio a mangiare male, dormire poco, avere abitudini di vita iper stressanti, andare dietro alla prima notifica che ti arriva, necessariamente quando un altro si relazionerà con te, lo categorizzerai o come un’opportunità o come un problema. Ma l’altra non è un’opportunità, un problema, l’altra è una persona.
Quindi è importante e io personalmente nella mia vita quotidiana dedico un sacco di tempo a cose che apparentemente non sono l’operatività stretta del rimboccarsi le maniche e mettersi a lavorare. Ma io sto lavorando anche mentre faccio una passeggiata, mentre sto leggendo un libro. Sto lavorando mentre passo del tempo con la mia famiglia, mentre mi confronto con mia moglie che mi dà un punto di vista e mi insegna a guardare le cose con occhi diversi.
Ogni cosa concorre al successo dell’imprenditore in questo senso.
Raffaele Gaito
Growth coach, autore, speaker e blogger – raffaelegaito.com
Ascolta la puntata completa: Pazienza, Percorso e Creatività data driven con Raffaele Gaito
Questo settore è strapieno di persone che hanno ansia, disturbi del sonno, attacchi di panico e problematiche di tantissimi tipi che riguardano una sfera che non è una sfera business o marketing. Una sfera proprio intima, personale di emozioni, di persona e così via. E questo lato umano della questione, non viene mai trattato e secondo me è grave e se ne dovrebbe parlare eccome.
Una cosa che mi piace tantissimo del posto dove vivo, l’Inghilterra, e che invece la cultura anglosassone ha sempre avuto molti meno tabù. Da questo punto di vista si riesce più facilmente ad affrontare questa questa cosa. In Italia non lo so, secondo me non ancora o non abbastanza.
Questo filone, che adesso chiamano “il capitalismo umanistico” o “il capitalismo 2.0”, sta diventando una roba sempre più sentita. Sempre più imprenditori fanno emergere questa cosa. Ultimamente mi è capitato di leggere “Il Gioco Infinito” di Simon Sinek e parla tutto di questo. Praticamente parla di un modo di fare impresa che ritorni a dei valori originali.
Siamo partiti da lì, dalla creazione di valore per il cliente che lungo la strada abbiamo completamente perso e insieme a quella abbiamo perso anche un po’ di cose. Fa strano, fa strano perché non se ne parla molto spesso. In realtà se ne dovrebbe parlare. Non c’è nulla di male, anzi.
Paradossalmente, finché lo lasciamo un tabù, questa cosa diventa anche difficile da gestire emotivamente da chi ci passa. Oggi quanti imprenditori possono raccontare apertamente di aver avuto un problema di depressione? È difficile perché si beccherebbero subito un bollino indelebile a vita. Invece sono cose importanti sulle quali bisogna discutere.
Il problema è che non parlarne porta svantaggi a tutti quanti gli altri, perché se tu sei l’imprenditore d’acciaio, infallibile, sempre con la vita perfetta che gli va sempre tutto bene, il messaggio che trasmetti agli altri è completamente distorto.
Perché un ragazzino che ti prende come esempio dice: “nella vita voglio essere così, fare impresa, essere indipendente, fare i big money, eccetera eccetera”. Costruisce una roba che è completamente falsata, completamente campata in aria. Un castello di carte che poi, al primo ostacolo o alla prima problematica, crolla.
Quindi il parlarne secondo me giova sempre a tutti, a chi è coinvolto in prima persona, ma anche a tutti quelli che indirettamente ricevono dei messaggi sbagliati. Facendo del dialogo su questa cosa tu rendi un argomento molto più accessibile, trasparente. Un aspetto di crescita dell’intero ecosistema che stiamo sottovalutando.
Lara d’Argento
Growth hacker, multipotenziale e mentore – www.linkedin.com/in/laradargento
Ascolta la puntata completa: Cultura, Multipotenzialità e Otium con Lara d’Argento
Non credo alla teoria, non ho mai creduto alla teoria dei compartimenti stagni. Io rispetto chi si professa professionista di Growth Hacking, pur non applicando i principi nella vita privata. Va bene così. Vendo uguale, sono felice per te. C’è spazio per tutti sul pianeta.
Io ho compiuto o voluto compiere una scelta diversa. La mia credibilità deriva dal fatto che è la mia maturità personale ad influire su quella professionale.
Tutto ciò a cui puoi affiancare l’aggettivo professionale è una conseguenza di tutto ciò a cui puoi affiancare l’aggettivo personale. Quindi per me, ma per la mia maniera di vivere, sarebbe difficile fare questo lavoro se non mi fossi cimentata con le mie paure.
Perché il compito di mentore non è passare delle nozioni. Io non sono un insegnante. Non ho nulla da insegnare. Il compito di una mentore non è intervenire su un problema contingente. Io sono ricercata, pagata, per capire dov’è che si è inceppato il processo.
E spesso non è una questione di business, è una questione di amalgama, una questione psicologica di team. Quindi sono sicuramente sessioni ad alto contenuto emotivo, me ne rendo conto e lo so per riscontri da parte da parte delle start up, e tuttavia è l’unica maniera per sciogliere davvero i nodi.
Perché le sfide nel business, come sempre, si affrontano ma se non hai chiare le idee tue a livello personale non riuscirai mai ad amalgamarti in alcun tipo di squadra. Giacché io ritengo fermamente che la crescita sia un lavoro di squadra, devo per forza affrontare questioni da un punto di vista multidisciplinare.
Ritengo inoltre fondamentale l’importanza dell’otium per giovare al negotium, quindi detesto tutto ciò che è incitamento all’essere workaholic. Lo trovo gravemente improduttivo e controproducente, e sposo a tutto ciò che è invece come il growth hacking, che non inventa nulla ma importa da altri settori o da altre pratiche virtuose come il pensiero laterale. Credo fermamente nell’importanza di staccare, dedicarsi ad altro e tornare più concentrati di prima.
Giulio Xhaet
Partner Newton, coordinatore scientifico Master Digital Specialist della 24ore Business School e Autore – www.linkedin.com/in/giulioxhaet
Ascolta la puntata completa: Contaminazione, Wise Leader e Sviluppare il proprio potenziale con Giulio Xhaet
Credo in una situazione di virtuosa tensione tra ciò che è realistico e ciò che è visionario, in senso visionario e anche empatico, sostenibile. Mi spiego meglio. Io se faccio impresa è perché voglio avere dei successi. Se poi questi successi si traducono in soldi va benissimo, se vogliamo crescere dobbiamo avere delle risorse e va bene. E questo c’è e rimane perché io se faccio impresa senza pensare che devo avere dei successi, delle risorse economiche, avere un ritorno sugli investimenti, allora non faccio impresa, faccio altre cose.
Dall’altra parte, ovviamente questo non basta più. O meglio, non è mai stato progettato per questo. Risulta ancora più importante, più evidente, perché ci stiamo muovendo verso una situazione in cui vedo delle brutture. In giro ci sono delle persone che calpestano gli altri per avere successo, per avere più soldi, per fare carriera. Niente di nuovo, forse. Oggi il digital semplicemente lo ha reso più manifesto. La gente può lamentarsi più facilmente se va sui social, dire quello che pensa è un bene o un male, perché è così ed è tutto più trasparente.
L’altro punto è che un imprenditore che è anche un leader, deve essere oggi un wise leader, un leader saggio. La persona saggia non è quella più intelligente, è diverso. Il saggio è colui che prende delle decisioni ottime non solo per lui, non solo per il proprio team, a volte neanche per la sua azienda, ma per il bene comune. Per il numero maggiore di persone in assoluto.
Pensiamo ai leader politici. Ognuno sta guardando le proprie frontiere ed è molto difficile per un leader cinese dire: “faccio qualcosa anche per il bene degli altri”. È difficile per il leader italiano dire: ”Faccio qualcosa anche per il bene che non sia per gli italiani” e gli americani uguali.
Invece il leader oggi, visto che viviamo in un mondo interconnesso, un unicum più che mai, deve essere un leader che guarda al bene comune di tutti. Ovviamente se siamo una piccola impresa, una start up appena nata, non è che mi devo preoccupare del bene del contadino giapponese dall’altra parte del mondo.
Però nel mio piccolo, cercare di creare una situazione in cui le persone vivono bene partendo dalle persone che lavorano con me. Quindi creare un po’ di piacevolezza e di felicità nelle persone che sono con me. Questo è un altro KPI importante. Il tutto pensando non solo nel breve ma anche nel lungo termine. Si dice in gergo “context generation”, generare in futuro contesti interessanti.
Cosa posso fare se prendo i soldi e scappo? Se faccio una start up fighissima semplicemente con l’idea di poterla vendere tra 1/2 anni? Cosa legittima ma che a me non è mai piaciuta come visione del tipo: “piglio tutto dopo sono cavoli tuoi”.
Non credi tanto nell’azienda? Credi nel successo, nei soldi? Va bene, però questa è una visione che mi piace fino a un certo punto, anche se poi è legittimo voler cambiare. Perché ci sta che tu imprenditore voglia anche cambiare dopo cinque, dieci, vent’anni con un progetto, però decidi di farlo crescere. E per farlo crescere devi permettere che rimanga in piedi anche senza di te.
Questa è la tensione virtuosa tra quello che è realistico, concreto, pragmatico e una visione in cui c’è la gioia, il benessere e la sostenibilità delle persone e dell’ambiente.
Manuela Vitulli
Travel blogger e content creator – manuelavitulli.com
Ascolta la puntata completa: Content creation, Viaggi interiori e Perseveranza con Manuela Vitulli
Nel corso del tempo devi costruirti un personaggio o comunque costruirti delle skills che ti permettono di essere riconosciuto come un professionista e essere un po’ tu a dettare le regole del mercato. Perché finché chi sta dall’altra parte è sicuro di avere il coltello dalla parte del manico, è ovvio che tu puoi dovrai un po’ sottostare. Anch’io ho fatto gavetta e tante volte mi sono trovata in situazioni che poi si sono rivelate spiacevoli, magari lavori che non mi piacevano, che sembravano una cosa poi erano un’altra.
Però mi sono servite tutte queste esperienze perché adesso evito di fare determinati errori. Certi errori si faranno sempre, per carità, però sono magari inferiori e sai come puoi cercare di moderarli e di gestirli. Per cui una cosa molto importante, è lavorare sodo per raggiungere l’obiettivo.
Poi, col passare del tempo, costruendosi una propria identità, una propria figura, sarà più semplice dettare le regole e costruirsi un lavoro fatto proprio su misura per noi. Però bisogna uscire dal mindset che lavorare significa subire.
Dobbiamo capire come possiamo noi fare di tutto per costruirci il lavoro che ci piace. E per questo credo che con il passare del tempo saranno sempre di più i freelance.
Mi ricordo le parole di mio padre quando ho aperto la partita Iva: “ma le tasse ti ammazzeranno, vedrai”. A parte che dipende dal regime in cui sei, quindi se sei in regime agevolato già un pochino meglio. Però io credo che quando hai quella libertà tale che ti permette di dire: “io questo lavoro lo accetto perché mi dà un valore, perché mi gratifica anche a livello economico. Questo è il mio lavoro e lo accetto perché mi sento gratifica”. Tu sei già libero. Sei già una persona che ha una libertà tale da dire: ”Devo pagare queste tasse va bene, ma in compenso io mi sento una persona libera”.
Ad oggi non riuscirei ad avere un datore di lavoro perché ho conquistato una tale libertà, per cui sono veramente contenta e soddisfatta di quello che faccio e va bene anche se non è semplice in Italia avere una vita professionale, però me ne frego perché comunque ho costruito un lavoro su misura per me.
Credo che questa sia una grande, grande soddisfazione e quindi il messaggio che vorrei mandare a chi è spaventato è di osare, perché se c’è una passione, qualcosa che ci piace fare, buttiamoci, facciamolo, perché poi veramente arrivano tante gratificazioni.
In conclusione: consigli di crescita personale e professionale
Grazie a questo expert roundup è emersa una considerazione condivisa: non si può fare business senza che, insieme all’azienda, anche l’imprenditore viva un percorso di crescita personale e professionale.
Fare impresa è un’attività che richiede di destreggiarsi tra molteplici discipline, metodologie, strategie e tattiche. Questi sono solo gli elementi conosciuti rispetto ai tanti sconosciuti che ognuno, per contro proprio, dovrà scoprire, affrontare e in qualche modo superare!
Ecco, tra i consigli ricevuti dagli esperti, una sintesi di ciò che potrebbe esserti utile ricordare:
- Imparare continuamente: studiare è una delle caratteristiche fondamentali per chi vuole diventare un imprenditore e una persona migliore. Essere consapevoli della necessità di imparare continuamente fornisce un vantaggio mentale di importanza fondamentale;
- Crescere in modo olistico: corpo, mente e spirito sono 3 sfere che crescono di pari passo e non possono essere tra loro separate. Farlo significherebbe tirare il freno a mano della propria crescita personale e di conseguenza incidere negativamente anche su quella professionale e dell’azienda;
- Ammettere le difficoltà: continuando a mostrarci forti in ogni situazione, nascondendo i propri timori e problemi, compromettiamo le nostre possibilità di successo;
- Accettare la leadership: scegliere di fare business ci mette volontariamente e involontariamente in posizione di leadership. Questo significa assumersi delle responsabilità, grandi o piccole che siano, e considerarci come soggetti che scelgono di guidare con il loro esempio le persone a loro vicine o quelle che aspirano a fare altrettanto.
Un gigantesco grazie a tutti gli esperti e mentori che ci hanno donato il proprio tempo e la propria esperienza per contribuire a questo expert roundup.
Hai altri consigli per gli aspiranti imprenditori? Scrivi un commento condividendo la tua esperienza e il tuo punto di vista per aiutare gli altri a crescere!